Wildtrail
Il primo weekend Legale, ci ha visti ospiti della piccola comunità caprese, raddoppiata nell'occasione dagli atleti e loro famigliari. Il viaggio iniziato il sabato alle 8.30, dal porto Mediceo di Livorno, ha mietuto vittime causa il mare mosso. Scombussolati abbiamo prima scorto e poi attraccato un'isola dalla natura violenta. Una montagna nel deserto marino, dalle alte scogliere. Un lembo di terra dove appoggiare la poppa e defluire con la testa ancora annebbiata, come le nubi lì dimenticate dai giorni passati. In alto a destra gli edifici storici da dove il ricordo della comunità penitenziaria, guarda invidioso l'altra comunità, quella ormai non più divisa fra preoccupazione per la propria incolumità e l'opportunità lavorativa che ne derivava. Oggi è il turismo, quello naturalistico, oltre la pesca a dare reddito ai Capresi. Ex avamposto della Repubblica Marinara Genovese, oltre la Rocca dalla pietra vulcanica, nell'isola rimangono due belle chiese Barocche.
Gli intonaci, i dipinti cautamente festosi e riccioluti, rovinati dall'umidità e dalla secolarizzazione, ti accolgono con curioso stupore.
Il sabato pranziamo al porto da Nonno Beppe, chiosco cannicciato con pergolato fatiscente, fuori norma ASL, dal servizio lentissimo e il pesce delizioso. Totani fritti, branzino e gamberi crudi appena pescati dal ristoratore. Gli abitanti sono cortesi, accoglienti, ospitali senza eccessi. Volti semplici, rivolti verso il mare. Il Defender della Benemerita fa la spola dal porto al paese. 800 mt e Stop. Alle 15.30 gara dei bambini, andata e ritorno dal porto con la prima dal vecchio selciato romano. A seguire ritiro dei pettorali, e merenda con i prodotti tipici, portati dagli iscritti. Piadina casalinga, fontina Valdostana, crepes con mele, marmellate, dolciumi e salami. Non c'è dubbio sulla natura festosa della manifestazione. Tardo pomeriggio pennichella. Ore 19.00 Briefing a cui partecipa Marco, mentre io mi concedo una breve passeggiata al crepuscolo.
Dalle pendici scendono nuvole aerodinamiche di pini. Altri, impietriti dalla salsedine e scompigliati dal vento, costeggiano il terrapieno romano carrabile.
La cena è al Corsaro, giusto sotto il nostro alloggio. Menù convenzionato a 20 €: risotto ai frutti di mare e pesce spada alla siciliana. Il gestore si è trasferito qui da Tirrenia un anno fa. Dice di non voler tornare alla civiltà. D'estate turismo, d'inverno fantasia e qualche fuga nel continente. Non si può fare i pendolari, 2,5 ore di traghetto non lo permettono. I ragazzi restano qui fino alle medie in classi miste poi di la dal mare, in convitto. La giornata finisce affacciati al mare. Bagliori continentali, maestrale in sostituzione dello scirocco pomeridiano e la solita pattuglia dei Carabinieri che ci punta il faretto addosso.
Domenica mattina ci ritroviamo con Marco poco prima delle 8, riempiamo le borracce alla fonte del paese e scendiamo al porto.
La comunità Tecnocolor si addensa progressivamente. Le famiglie sono rimaste evidentemente a letto. Con Marco ci facciamo delle foto. Ore 9 Start verso il paese. Uniche spettatrici le signore della bottega alimentare. Proseguiamo lato ovest in un sali e scendi tra la macchia, che pur bassa che sia, per lunghi tratti copre chi ti precede in lontananza. Si passa in un pianoro coltivato a vite, lungo una chiesa Romanica. Si corre sulla punta delle rocce, e sull'acqua copiosa che scende dalle pendici. Fango e rocce rese scivolose. L'attenzione è rivolta a dove si mettono i piedi. È quasi snervante la concentrazione richiesta nella totalità del percorso. Non c’è tempo per gettare lo sguardo al di la del mare, sulle coste della Corsica, Liguria e Toscana. I panorami sono mozzafiato, ma non possiamo dare loro udienza. Capraia è unica, indescrivibile. Attingete a ciò che vi suscitano questi due aggettivi. Per gli scettici consiglio una gita. È sufficiente un weekend per capire che è autentica.
Entriamo ripetutamente in dei canyon, guadiamo torrenti vogliosi di gettarsi in mare. Ad un tratto i nastri ci invitano sopra una parete di roccia orizzontale, si salta come mufloni. Le caviglie tengono, i muscoli, almeno i miei, non sono abituati a tante sollecitazioni controverse. Mi sento uno stradaiolo. Desidero un piano d'appoggio certo, dove poter impostare il ritmo, non sarà possibile. Tra il nono e il decimo Km impieghiamo più di 21', è una scalata. Mi trovo le ginocchia in bocca, e le mani aggrappate alla roccia. Siamo in fila indiana serrata. I gabbiani appollaiati in tribuna ci guardano incuriositi. Sembrano dire “ecco perché!…” Nei giorni precedenti l’organizzazione aveva spostato alcuni loro nidi, dal tracciato.
Nella vetta il vecchio Osservatorio della Marina Militare. Lì in disuso dalla seconda guerra mondiale, forse un relitto post atomico. Lamiere arrugginite che coprono a scacchiera il telaio anch’esso metallico. Forma Gotica per una reminescenza di Conan, il ragazzino giapponese che vaga tra cielo e mare dopo che il mondo è stato sommerso dalle acque. Lo sfioriamo, è il GPM, ci buttiamo giù per la vecchia strada romana. Ciottoli, che come denti decalcificati, sono scontornati l’uno dall’altro. Il piede affonda piatto, sia quel che sia. Con noi scende l’acqua, contenuta da un lato della strada, e coperta dalla fitta vegetazione. In lontananza si scorge chi ci precede, sentinelle, che freneticamente salgono e scendono tracciando traiettorie che la macchia non mostra.
In un piccolo calice c’è anche un laghetto, a Capraia non manca proprio nulla! Gli ultimi 4,5 Km sono su strada lastricata che si snoda “a mo” di Stelvio fra le strutture del carcere. Cisterne di raccolta delle acque, chiesa, casa del direttore, palazzine di reclusione, per uscire dall’arco che ne delimitava l’accesso. Si vede il porto, dove poi arriveremo, non riesco a collimare la distanza visiva da quella che per differenza calcolo guardando il satellitare. Sembra non finire mai. A tratti l’avrei anche voluto. Un ringraziamento speciale al mio compagno di Mille Km, Marco Scrocca, il quale ha creduto fin dall’inizio in questa gita, piacevole anche per le famiglie.
Francesco Tavanti