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Quello che mi viene in mente se ripenso a distanza di qualche giorno alla Maratona di Vienna è una fotografia, scattata lungo il percorso nel tratto del Prater, intorno al trentaduesimo chilometro, dove corro con una buona falcata, i piedi ben staccati da terra ed un’espressione del viso che esprime concentrazione e tranquillità. Queste le sensazioni più vive che mi ha lasciato questa esperienza.  Finalmente dopo tanti tentativi sono riuscito a correre una maratona senza subirne inesorabile peso, che si traduce nella impossibilità di proseguire la corsa con la stessa andatura dei primi chilometri. Qualcuno lo chiama “muro”, ma io in passato, pur avendoci sbattuto più volte contro, non l’ho mai percepito come un impatto netto. In genere inizia con una sensazione diffusa di stanchezza, le gambe che non girano più come prima, poi la voglia sempre più forte di camminare per un po’, giusto per recuperare le forze necessarie per arrivare al traguardo. A volte ho tenuto duro, a volte meno, ma indipendentemente dal riscontro cronometrico in genere sono sempre stato lontano dal raggiungere l’obiettivo di correre in modo uniforme per l’intero percorso. 

Non che questa volta ci sia riuscito perfettamente, negli ultimi due chilometri la fatica della settimana, del viaggio, dell’attesa e della strada per arrivare fino lì si sono fatte sentire eccome, ma ormai ero nel viale che portava al traguardo e le due ali di folla ai lati rendevano lo sforzo sopportabile. Finalmente una maratona gestita fino alla fine, mantenendo l’impressione di avere del margine, una vera iniezione di fiducia per iniziare la preparazione della prossima. 

Scorre veloce il film della domenica viennese, dalla partenza sul Reichsbrucke fino alla maestosa cancellata nera che introduce nel cortile del palazzo dell’Imperatore, con il tappeto blu fin sotto il traguardo. 

Una maratona con un’organizzazione eccellente, con blocchi di partenza sfalsati su due viali da tre corsie ciascuno. Dalla nostra postazione di partenza abbiamo potuto godere dello spettacolo di oltre 40.000 schierate in attesa del via, preceduto dall’immancabile valzer “Bel Danubio Blu”.  Via, inizia un’altra avventura, parto tranquillo per far passare i primi chilometri e trovare l’andatura giusta. Gli amplissimi viali del centro cittadino,  il primo passaggio al Prater, poi lungo il canale si torna verso il centro città. Questo tratto è comune alla parte finale, memorizzo la silhouette di un palazzo che quando lo rivedrò sarà il 39 chilometro. Andatura regolare, decido di non guardare l’orologio da lì in poi, forse sono sottoritmo ma per ora va bene così, e siamo già ad un terzo di gara, tra poco siamo al Castello di  Schonbrunn, dove il lunedì è in programma una gita. Si torna verso il centro, la strada sale leggermente.  Arriva il passaggio alla mezza maratona, dove finalmente il flusso si riduce ai soli partecipanti alla distanza piena (con l’inserimento degli staffettisti, che specialmente nel tratto finale danno non poco fastidio).  

Aumento un po’ il passo, sempre concentrato a correre fluido, consapevole che per quale strana alchimia i chilometri tra il 21 ed il 30 passano senza accorgersene. Si torna al Prater, e rimango sorpreso da quante persone aspettano lungo il percorso  e ci incitano con quegli “Hop, Hop, Hop” che fanno tanto sci alpino. Dopo il passaggio sotto lo stadio nel viale si incrociano quelli davanti, che sono quasi al 35^. Vedo Stefano Bettarelli, lo chiamo per incoraggiarlo ma con gli auricolari non mi sente, anzi no, mi saluta con la mano.  Magari più avanti riuscirò a vedere anche Pietro. Continuo sempre regolare, adesso sono io nel viale del ritorno ed inizio a scrutare se nell’altra corsia lo vedo. Mentre penso che la maggior parte di quelli che corrono non ha la barba eccolo: un “cinque” di sostegno e via. Lo vedo bene, stavolta ce la fa a stare sotto le 3h30’.  

Si ritorna lungo il canale, ormai il 37^ è a un passo, tra poco c’è il ponte ed il palazzo del trentanovesimo, la strada sale un pochino e la fatica rende l’andatura meno regolare. Continuo a recuperare posizioni, poco per volta. Ristoro quando siamo ormai al 40^, quello che bevo mi fa perdere il passo e quando provo a recuperare ormai non riesco più: per oggi va bene così, arrivare al traguardo è l’unico obiettivo che conta. Tanta gente oltre le transenne, manca un chilometro, ultimo sforzo per provare ad aumentare il ritmo e polpaccio che risponde, a modo suo, che  per lui andava meglio quello di prima. Vedo il tabellone dei tempi sopra al traguardo, 3h19’, però, pensavo peggio dopo essere passato a 1h38 alla mezza. 

Grande sensazione, uscendo dalla zona di arrivo con la medaglia al collo,  me la stampo nella memoria, la voglio trattenere a lungo. Ecco quello che cercavo, ci sono volute 15 maratone ma alla fine ci sono arrivato: ora so che posso affrontare la distanza senza dover dare fondo a tutte le risorse fisiche e mentali disponibili.  Non un’impresa epica che logora ma un’esperienza da ripetere molte altre volte. Forse il segreto sta nella preparazione fatta per arrivare qui:  le uscite con Stefano Rossi e Pietro Frasconi sono state veramente un piacere, un percorso vario, impegnativo a volte (“s’è auto a murire”) ma affrontato con spirito positivo e con una certa dose di flessibilità. 

Ultima considerazione: se amate abbinare corsa e turismo prendete in seria considerazione Vienna: rapporto prezzo/pacco gara decisamente negativo (infatti non c’era niente di niente, anche il chip è a pagamento e non a cauzione) ma uno dei percorsi più belli dove io abbia mai avuto l’occasione di correre.  Organizzazione perfetta, punti di controllo, ristori ogni due chilometri e mezzo, servizi pubblici impeccabili, su tutto il percorso nessun problema di traffico, la sensazione di essere i padroni indisturbati della città, di una bellezza ed un fascino unico.

 
Mazu_wizard
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