La dove si spartisce l’acqua, dove si dividono le proprietà terriere, dove si discerne la fatica dal dolore, abbiamo corso la seconda tappa dell’Eco-Trail di Pasqua. Questa parte della Val d’Orcia è un grande altipiano collinare. E’ come se le tante colline formino un piano intermedio fra i monti più alti come l’Amiata e il fondovalle. Orti e non campi, coltivati a rittochino per contrastare l’erosione dell’acqua. La stessa che ha contribuito secondariamente ai movimenti tellurici, alla genesi di una delle più belle cartoline dell’Italia nel mondo. Seppur Toscano di altra Contea, ti senti orgoglioso e fortunato di essere nato qui. Sapere che molte genti Anglosassoni, Normanne e Latine (oggi anche Orientali) desiderano passarvi momenti della propria vita, idealizzandoli come i migliori a cui possano ambire. Non lo tradiscono casali perfettamente ristrutturati, dagli infissi pervinca. Custodi oggi come una volta di viti e olivi. Fattorie dagli intonaci bruciati dal tempo, dal sole e dagli altri eventi atmosferici. Strade al margine. A spartire come detto in apertura, o a raccogliere nel punto di compluvio. Up and Down. O sopra o sotto, raccordate da ripide discese, e ardite cipressate risalite. La luce è quella scintillante di Pasquetta, della gita fuori porta. Fredda e luminosa, accompagnata dal vento, costringe qualcuno a partire con maniche lunghe e k-way. C’è chi ha nelle gambe la prova di sabato a Montisi (tutto tranne che un monte facile), chi l’affanno del pranzo di Pasqua. Chi si vuole semplicemente godere tanta bellezza. Probabilmente tutti noi partecipanti, l’abbiamo fatto con uno spirito meno agonistico del solito. Si parte alle 9,30 dal Campino sportivo di San Giovanni d’Asso, in direzione Val d’Orcia. Si sale si scende, caratteristica comune delle corse in queste zone, fino ad arrivare in un tratto che mostrerà, nella “pianura” gibbosa, la lunga processionaria degli atleti che ci precedono.Si teme che le recenti piogge abbiano allentato il terreno argilloso, costringendoci a pattinamenti pericolosi e dispendiosi. Capita per pochi metri, dove ciascuno, osservate attentamente traiettorie e gesta di chi lo anticipa, cerca a sua volta di ridurre i rischi del passaggio obbligato. E’ con quella Creta che abbiamo plasmato il ricordo d’apporre nella personalissima bacheca atletica. Crampi, smorfie, sensazioni accuratamente cesellate nella terra plastica.I gruppi si rimescolano ad ogni dislivello, sotto l’azione delle caratteristiche individuali, per poi ritrovarsi nei falsipiani, intenti a capire quanto possiamo ancora correre sotto l’azione di un percorso che non gradisce la monotonia del ritmo. E’ una bellissima giornata. Amici, corsa, primavera. Nelle pieghe dei rugosi calanchi, ci sono scritte le storie di uomini e del loro duro lavoro, per sottrarvi qualche spiga preziosa. Oggi smeraldo fra qualche mese oro.Ad un certo punto passiamo sotto un arco, è quello di Monterongriffoli (Borgo di Sotto). Fattoria non restaurata, in attesa di un Magnate che nel nome dell’amore ostentato per questa terra, gli tolga il sapore di un tempo passato ancora presente. Sentiamo il rumore degli zoccoli e delle ruote lignee dei carri intenti al trasporto dei sacchi di grano. Ma è solo una stazione intermedia. La strada riprende a salire, incitati dagli ordinati cipressi, crediamo di essere prossimi alla sommità. Effettivamente scorgiamo San Giovanni. E’ difficile capire il suo Asso nascosto, dove ci porterà il selciato. Sappiamo che ogni discesa verrà più che compensata da un’ ardua salita. Speriamo su un galleggiamento nel colmo. Il tratto finale non ci tradisce, Gianni da buon camerata rallenta, per aspettare me e Massimo. Arriviamo insieme. Maria Chiara e Sadotti avanti.Particolare il giardino all’italiana che oltrepassiamo prima del traguardo. L’attenzione endorfinica si focalizza sul viola dei fiori di rosmarino, che associo istantaneamente all’odore d’arrosto che aleggia nell’aria.