Torno a scrivere nel sito dopo mesi di silenzio. Incolpevole assenza obbligata dal mostro (fascite plantare) che tutti podisti temono. Niente corsa, niente parole.
Torno per per tanti motivi. La voglia di ricominciare a correre contagia anche la voglia di scrivere.
Poi c'è un altra ragione. Si chiama Arezzo-La Verna, si chiama sentiero 50, si chiama Cammino di S. Francesco.
Escursione, così viene chiamata dagli organizzatori (CAI AREZZO). Ormai giunta alla 13^ edizione, una must nell'attività della sezione aretina. Unico, possibile compagno di merenda il mio amico, inseparabile podista, Francesco. Così decidiamo di provare.
Una sola perplessità: camminare per 38 (alla fine saranno oltre 40) interminabili impegnativi Km, noi avvezzi alla corsa, spinti da quell'istinto maturato in tanti anni. Abbiamo concordato con l'organizzazione di poterci staccare a nostra discrezione dal gruppo quando lo desideravamo.
Sabato mattina 6 settembre, cielo terso, blu con bagliori di sole che nasce lontano. Ritrovo all'alba, partenza alle 6.
Si intuisce immediatamente la diversità tra chi cammina e chi corre. Abbigliamento ed accessori diversi, zaini comunque contenuti, camelbag solo io e Francesco. Chi cammina ha la sana abitudine di indossare scarpe da trekking, idonee alle lunghe distanze, alte, pesanti, protettive. Noi scarpina da running, no, neanche da trail perché ci fa paura la lunga distanza e soprattutto la durata della corsa/camminata.
In perfetta sintonia con il gruppo ci incamminiamo lungo una strada a noi podisti nota, quella della Cella che porta ad Antria. Il gruppo variegato si allunga in fila indiana ed appare comprensibile perché era stato previsto un tempo di percorrenza di circa 12 ore. Lo spirito dell'escursionista è diverso, staccato dalla fame della strada, contemplativo, estraneo all'orologio.
Sopra Antria ci siamo immersi nella bellezza del crinale che sale sopra la collina di Campriano sino ad Ulieri per poi discendere attraverso uno stretto sentiero boschivo fino al Chiaveretto. E' la stagione dei tafani, maledetti, assidui compagni di viaggio. Tutti. indistintamente predisponiamo strategie diverse per combattere il nemico. La frasca, (anzi due) si rivela la migliore alleata nella guerra.
Al Chiaveretto il sole splende alto; sono le 9. 13 km in 3 ore. Una piacevole sorpresa si presenta ai nostri occhi. Persone speciali hanno predisposto un ricco ristoro (frutta, dolci, salato, bibite) per il gruppo, che nel frattempo si ingrossa con altri escursionisti che avevano optato per una distanza più breve
Sosta molto gradita, ma spartiacque della giornata per i "corridori". Francesco, il sottoscritto ed un temerario dell'ultimo minuto, salutiamo il gruppo. Decisione saggia: corsa solo in piano ed in discesa, camminare in salita. E che salite ! Si sale per circa 6-7 km su strada bianca sino alla lingua di asfalto che da Subbiano si inerpica a Catenaia. Lo spettacolo che si offre ai nostri occhi si rinnova ad ogni passo. Il basso Casentino si distende sotto di noi e si scioglie nella valle aretina. In lontananza ancora si vede la guglia del Duomo, le mura della fortezza, le colline intorno alla città. E' una magnifica terrazza che si affaccia sulla nostra terra che invita ad essere visitata.
Peccato per l'asfalto che si è appropriato di questa lingua di terra che punta dritta verso i ricordi dell'infanzia, delle scampagnate e dei picnic ai Prati della Regina. Ecco proprio da lì passa il 50: dai Prati della Regina e dalla vetta del Monte Castello (1400m).
L' affannata esigenza di percorrere il 50 ci ha di fatto allontanato dall'unica sorgente di acqua reperibile in tutto il percorso : la Fonte del Baregno. E questa è stata una distrazione imperdonabile.
Per qualche attimo ci illudiamo di aver sconfitto i tafani; effettivamente l'altezza raggiunta ci ha concesso 1/2 ora di tregua (sempre armata).
In lontananza, guardando verso la valle opposta, l'alta valle del Tevere, si scorge in lontananza la rupe della Verna. L'eccitazione per quell'orizzonte moltiplica le nostre forze. Ormai siamo in cammino da 6 ore. Un'immagine evocata da Francesco rende perfettamente conto del nostro stato psico-fisico: siamo in "bambola". Giù a perdi fiato lungo una discesa che sembra moquette, tanto era morbida l'erba sotto i nostri piedi incandescenti. L'ausilio della cartina a questo punto risulta fondamentale. Destra o sinistra ? I sentieri numerati si sovrappongono e le indicazioni non sono così precisi. Dopo attenta consultazione con Francesco e Mauro prendiamo a sinistra e percorriamo una ampia strada nel bosco che corre sul crinale sopra Rassina e Chitignano. Incrociamo escursionisti di ogni età e bandiera, tutti a maledire all'unisono i tafani che nel frattempo sembrano essersi dati, tutti, appuntamento sul nostro cammino. Qualche sosta per foto ricordo ha il merito di donarci pochi minuti, di riposo peraltro penalizzati dall'attacco dei maledetti insetti. Dopo circa 7 ore Mauro (gran camminatore, forse solo un po' fuori allenamento), ci congeda rallentando molto il suo passo, provato da una fatica davvero grande. Io e Francesco proseguiamo con discreta padronanza delle nostre residue forze. Finalmente l'ascesa finale verso l'eremo della Casella, antico luogo di preghiera (merita cercarne traccia). Quei minuti trascorsi in silenzio dentro la piccola chiesa ci aiutano a trovare energia per l'ultima impennata. L'ascesa al monte che si staglia davanti alla valle dove si adagia Chiusi della Verna.
E' un sentiero ripido sia in ascesa che in discesa, dal fondo molto sconnesso, difficile in particolare se percosso nelle nostre condizioni. Lentamente con l'animo gonfio di felicità il piccolo paese montano ci accoglie nel silenzio dell'ora della siesta (sono le 14.30). Dopo 8 ore e 30 minuti siamo arrivati ai piedi del Santuario. Acqua, Coca, ancora acqua e cibo. La mente annebbiata dalla fatica ritrova sprazzi di lucidità. Francesco si ferma e decide di aspettare l'autobus che lo riporterà verso valle. Io proseguo. La mia meta è lontana ancora 2 km. Lungo la strada acciottolata, dal centro del paese, stremato, risalgo fino a lassù, da dove S. Francesco era partito.
A mente fredda ripercorro tutto il cammino. Per alcuni queste parole non avranno senso, o forse verrano lette con giustificato distacco. Vi garantisco però che la fatica sostenuta è nulla rispetto alla felicità provata. Ringrazio Francesco e Mauro. Senza di loro queste parole non sarebbero mai state scritte.
Marco Scrocca