Egregi ed esimi Amatori
come noto, in questo fine settimana, un audace manipolo di “Canotte Bianco-Rosse” della nostra Podistica si è recato presso le splendide Dolomiti per partecipare alla prestigiosa 30 kilometri della Cortina-Dobbiaco. Da veri e consumati atleti, siamo giunti sul posto già venerdì notte per meglio abituarci all’altitudine e per spararci nell’immediato un bel birrozzo tra botti di legno e corna di stambecco alle pareti.
L’albergo che ci ha ospitato – gestito da una sorta di capo-lagher altoatesina – si è rivelato più propenso ad accogliere comitive di taglialegna o squadre di hockey. Difatti, in vista della corsa, ci ha propinato una leggera cena pre-gara a base di tortelli tirolesi, polenta nostrana e gulasch di cervo. L’apporto proteico era garantito, ma la piomba di intestino e cistifellea ha comportato dissesti notturni di vario genere e natura, non propriamente consoni a chi è atteso ai nastri di partenza.
Giungeva, comunque, la mattina della corsa, attesa con la trepidazione autentica di chi si accinge a vivere un evento. Si aprono gli scuri delle camere ed i raggi di un pallido sole entrano nelle nostre stanze rinfrancandoci il cuore. Ma come tutti sappiamo, il tempo in montagna è soggetto a mutamenti repentini: lo spazio di un amen, e quello che si è rivelato un sole imbelle viene oscurato da una plumbea coltre di nubi dense e minacciose. Come ripetevano i guerrieri galli di Vercingetorice di fronte alla minaccia della pioggia: “il cielo ci sta per cadere sulla testa”.
Dopo la nutriente colazione, durante la quale taluno si è anche fiondato su un denso yogurt pagato a caro prezzo durante la corsa, abbiamo raggiunto l’amena Cortina in auto sotto una battente e gelida pioggia alpina.
Inutil e nascond
ere che ha iniziato a serpeggiare timore e indecisione. Anche il più ardito, animato da vero furore olimpico, si chiedeva non senza ragioni a mani giunte: “ma ‘ndo se va ??” Il vostro Silver, coperto da un misero poncho giallo di nailon, con l’occhio vitreo di chi è prossimo al congelamento, si malediceva sotto la insistente pioggia, rimpiangendo amaramente il tepore delle coperte casalinghe e il dolce abbraccio di moglie e figlia. Casa, dolce casa….
Ma lo spirito che anima il runner è più forte di ogni avversità, e lo porta a scendere in strada vestito unicamente di canotta, calzoncini e scarpette per affrontare l’imminente corsa, incurante delle peggiori condizioni climatiche. Ebbene, di fronte a cotanto coraggio, gli Dei dell’Olimpo hanno ascoltato le preghiere rivolte a San Filippide intercedendo in nostro favore: la pioggia, di colpo, ha cessato di cadere. E la corsa ha avuto inizio.
Stretti nella morsa della moltitudine dei partenti, gli Amatori della Podistica si sono fatti largo nel tentativo di conquistare posizioni più consone al loro blasone e non rimanere fatalmente invischiati nel gruppone. Easy Climb Bianchi ha spinto subito come un ossesso, Predator Domini lo ha seguito a ruota, Fabrizio Graziotti, Giulio Scarpelli e l’amico Mauro Cacioli della Sestini gli erano dietro di buon passo, mentre Silver Runner, Fabione Fourmarathon e Luca Fiori sono rimasti per un attimo frenati nelle retrovie. Una volta lasciata alle spalle Cortina d’Ampezzo – sempre splendida come una bella donna dal fascino antico – il percorso di gara si fà subito in salita. Un falsopiano in leggera ma costante pendenza per quasi 13,5 km di strada ghiaiosa, a tratti resa fangosa dalle copiose precipitazioni, che si dipana dai piedi del massiccio della Croda Rossa fino alla Cima Banche, il punto di valico, a 1.529 m. sul livello del mare. Ad essere sinceri, ce l’aspettavamo molto più dura; ma d’altra parte, per i facinorosi di Lignano e gli ultras di San Fabiano, un po’ di pendenza vale quanto lo starnuto di un criceto. Dalla Cima Banche in poi, il percorso si fa più agevole e in lieve discesa, talvolta interrotto da ripidi ma brevissimi strappi che non sono certo un problema per chi veste la canotta Bianco Rossa.
Putroppo, le nuvole ci hanno oscurato il panorama delle Tre Cime di Lavaredo, senza tuttavia toglierci il piacere di transitare lungo le sponde del Lago di Ladro e del Lago di Dobbiaco, splendidi specchi d’acqua dove si riflettono le poderose montagne circostanti. Il passo si fa veloce e Dobbiaco è sempre più vicina. La strada ghiaiosa si alterna a passaggi su terra ed erba nonché a scoscese pietraie senza mai diventare, comunque, troppo pericolosa. Non ci crederete, ma all’arrivo tanto agognato ha fatto capolino anche fratello sole. L’esito della gara è stato più che positivo: ognuno di noi ha “stampato” un tempo del quale è rimasto soddisfatto e i nostri colori, durante la corsa, hanno riscosso il favore e l’indiscussa simpatia del pubblico presente. Bellissima questa Cortina-Dobbiaco, veramente stupenda. Sono trenta kilometri di strada bianca che si districa tra altissime pareti di roccia, tra le cime innevate delle magnifiche dolomiti bellunesi e dell’Alta Pusteria. Si corre nel mezzo di foreste rigogliose, tra latifoglie e conifere, abeti e faggi dal fusto possente i cui rami, talvolta, nel loro intrecciarsi escludono il cielo dalla vista. E’ impossibile non rimanere colpiti dalle accese tonalità di un verde a noi sconosciuto, talmente forte e splendente da colorare anche gli i corsi d’acqua e il cielo. Ma ciò che più colpisce è l’assenza di rumore, un silenzio talmente profondo da farsi quasi assordante. Si ode unicamente il proprio respiro e le suole che coprono la distanza. Sono luoghi dove il rumore meccanico non viene percepito, quasi fosse sconosciuto, terre dove regna ancora il ritmo delle stagioni.
Non si può non rimanere abbagliati da tanta bellezza, una bellezza vera, autentica e primitiva, quella della natura.
Se avete voglia di farvi un bel regalo, amici miei, un giorno andate a correre da quelle parti.
Credete a Silver Runner, non sarà un successo …. bensì un autentico trionfo.